Largo ai giovani
Le nuove generazioni rappresentano il futuro della nostra Nazione: investire sulle politiche per i giovani significa liberare nuove energie, aprirsi all’innovazione, coltivare talenti, produrre sviluppo. Insomma significa costruire il nostro futuro.
Istituzione del “diritto allo sport, all’arte e alla cultura”: ogni giovane deve avere la possibilità di accedere a qualsiasi disciplina artistica e sportiva, anche con sostegni diretti. Programmare investimenti sugli impianti sportivi di nuova generazione, per ogni disciplina. Aree attrezzate per fare sport nei parchi in tutti i Comuni italiani. Creare strutture dove praticare agevolmente musica, arte, teatro, danza. La scuola deve diventare il centro nevralgico del territorio e della sua comunità, anello di congiunzione tra famiglie e istituzioni, con aperture pomeridiane e sinergia con gli enti del Terzo settore per ampliare l’offerta culturale e sportiva. Istituzione di borse di studio per meriti sportivi e artistici. Promozione di stili di vita sani per contrastare il disagio e le devianze giovanili, come droga, alcolismo, gioco d’azzardo patologico, bullismo e la diffusione delle baby gang. Lotta senza quartiere ai trafficanti e agli spacciatori di sostanze stupefacenti. Campagna di informazione e prevenzione sul consumo di alcol e droghe e sulle malattie sessualmente trasmissibili. Programma di recupero dalle dipendenze patologiche, anche in collaborazione con il circuito delle comunità̀ terapeutiche. Debellare la piaga della disoccupazione giovanile: zero tasse per i primi tre anni per i giovani under 30 che si mettono in proprio e incentivi alle aziende che assumono i ragazzi. Potenziamento del sistema degli incubatori d’impresa per le startup costituite da giovani, garantendo spazi, servizi, sostegno e consulenze adeguate a costo zero per la fase di avvio. Potenziamento dei fondi per l’autoimprenditorialità giovanile e snellimento delle procedure d’accesso. Rafforzamento del Fondo di garanzia statale per il mutuo sulla prima casa delle giovani coppie e riduzione delle imposte sull’acquisto della prima casa. Favorire e sostenere esperienze all’estero dei giovani italiani. Rafforzamento della cittadinanza attiva attraverso la promozione e l’incentivo della formazione di primo soccorso, della protezione civile, antincendio, della difesa del territorio e della sicurezza stradale. Valutazione dell’impatto generazionale delle leggi e degli interventi pubblici, per poterne verificare la sostenibilità e mettere “in sicurezza” il futuro dei giovani italiani.
FOCUS SPORT
Affrontare i temi delle politiche sportive in Italia, senza partire da un’analisi sintetica del loro stato di salute e da una sua rapida comparazione con alcuni modelli che possiamo definire “di riferimento”, sarebbe un esercizio intellettuale sterile e privo di efficacia; ma potremmo dire, senza il timore di essere smentiti, che di questo tipo di esercizio la maggior parte degli italiani non ne può più.
A fronte di un Paese che si colloca stabilmente nelle prime dieci posizioni del medagliere olimpico, e che è in grado di generare 25 miliardi di Pil legato allo sport, gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT, riferiti al 2021, sono allarmanti:
- 19,6 milioni di persone (il 33,7% della popolazione di 3 anni e più) dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero;
- un italiano su due è sovrappeso;
- due italiani su tre consumano bevande alcoliche;
- più del 20% delle ragazze e dei ragazzi italiani dichiara di essere fumatore.
I dati appena illustrati confermano che la priorità dell’azione di governo deve essere quella di investire sulla promozione sportiva e sull’avvicinamento all’attività motoria, soprattutto delle giovani generazioni.
Lo sport e l’attività motoria, infatti, rappresentano un valore, intangibile ma sostanziale, uno strumento per la costruzione di quel “sistema immunitario” valoriale e sanitario che, se adeguatamente sostenuto, rafforzerebbe alle fondamenta l’esistenza di un’Italia moderna e che nutra la legittima ambizione di risollevarsi dal torpore in cui è stata trascinata.
Non solo: lo sport è già oggi, nelle pur inadeguate condizioni esistenti, uno straordinario volano di opportunità lavorative. Il sistema sportivo produce circa 1,4 milioni di posti di lavoro, tra cui una particolare attenzione merita la categoria dei collaboratori sportivi, la cui mancanza di tutele è emersa con prepotenza nel corso della pandemia, quando oltre 200mila persone si sono rivolte a Sport e Salute per ottenere l’indennità, rivelando come la collaborazione sportiva fosse la loro unica fonte di sostentamento. Persone che, assieme ai volontari e agli altri operatori che gravitano nell’ambito sportivo, rappresentano una rete educativa e sociale di primo livello per le famiglie.
Lo sport, la pratica motoria, la cultura sportiva in Italia, quindi, possono considerarsi un diamante allo stato grezzo, nonostante tutto.
I governi degli ultimi 15 anni hanno delle responsabilità enormi, basti osservare l’incostanza con cui hanno trattato l’argomento. Lo sport, anziché diventare “questione di Stato”, è stato trattato come una questione di questo o quel governo. Così le politiche sportive sono diventate un modo per compensare i bisogni di alcuni partiti invece di uno strumento per la crescita dei cittadini e dell’Italia.
Nessuno, in questi anni, si è posto la domanda fondamentale: come dovrà essere l’Italia nel 2030 e che ruolo dovrà avere lo sport nel costruire il domani? La verità è che per rispondere a questa domanda, offrendo una prospettiva seria, è necessario affermare che c’è bisogno di tutti: governo, Comitato Olimpico Nazionale, Sport e Salute, organismi sportivi ed enti locali.
È doveroso, dunque, che lo Stato torni a occuparsi di sport e che lo faccia con la consapevolezza che non è possibile perdere altro tempo. L’instabilità politica degli ultimi 4 anni e gli effetti devastanti causati dalla pandemia, hanno fortemente provato un mondo che si sostiene grazie alle straordinarie competenze che si possono trovare al suo interno, grazie alla passione di tutti gli uomini e le donne che vi operano e grazie alle famiglie e i cittadini che credono nello sport e continuano a praticarlo, alimentando così l’indotto economico che è in grado di sostenerlo.
Arrivati a qualche metro dalla possibilità di dare all’Italia un governo stabile e credibile, il movimento sportivo nella sua complessità si trova ad un bivio sostanziale, ma la strada possibile è soltanto una: dare fiducia ad una proposta credibile, per invertire la tendenza e portare l’andamento del sistema su una china di risalita che aumenti in maniera proporzionale le percentuali dei praticanti. Spesso siamo soliti ripeterci “siamo in Italia”, oppure, parafrasando Il Gattopardo “…Tutto cambi perché nulla cambi”, in verità è possibile invertire la rotta mettendo appunto una sostanziale evoluzione del paradigma “sport per tutti” in un nuovo paradigma: “Tutti per lo sport”.
Recenti studi dimostrano, infatti, come molti Paesi siano riusciti a cambiare marcia, ottenendo risultati straordinari non solo in campo sportivo, ma anche e soprattutto su quelle dinamiche sociali che influiscono positivamente sulla qualità della vita delle persone, contribuendo alla formazione delle giovani generazioni anche con il supporto di quel processo di educazione non formale che lo sport trasmette in maniera automatica e sistemica a chi lo pratica.
In Australia, dove lo Stato ha assunto la responsabilità di promuovere direttamente lo sport e l’esercizio fisico, i risultati sono stati straordinari, sia in campo sportivo, al punto che un Paese che ha meno della metà dei nostri abitanti ci precede stabilmente nel medagliere olimpico, sia e soprattutto in campo sociale: si è sensibilmente ampliato il numero dei soggetti e delle associazioni che contribuiscono al miglioramento del benessere della popolazione, alla riduzione della sedentarietà e allo sviluppo dell’industria sportiva. Questo anche grazie a un’intensificazione della collaborazione interistituzionale, laddove al raggiungimento degli obiettivi governativi in materia di sport sono tenuti a contribuire tutti gli attori del sistema sportivo, privati e pubblici, incluse le comunità locali.
Tornando in Europa, c’è il caso dell’Islanda. Qui all’introduzione del paradigma “tutti per lo sport” è corrisposto un impegno strutturale di lungo periodo (10 anni) di tutte le istituzioni coinvolte (governo nazionale, amministrazioni locali, Comitato Olimpico e federazioni nazionali) per la realizzazione di impiantistica sportiva, la formazione dei tecnici, il coinvolgimento delle famiglie nella pratica sportiva dei figli. Da ciò è dipeso il primato raggiunto nel 2018 di Paese europeo con il minor numero di giovani consumatori di alcol, con solo il 2% di ragazzi che dichiarano di far uso di hashish o mariuana (in Italia sono il 17%), senza dimenticare i sorprendenti risultati sportivi nelle competizioni internazionali. Se in Islanda, adesso, è possibile giocare a calcio o praticare il golf a 30 chilometri dal Circolo Polare Artico, noi possiamo e dobbiamo rendere praticabile qualsiasi tipo di sport in qualsiasi parte d’Italia.
Un altro elemento che emerge fortemente dalle esperienze australiana e islandese, ma che trova chiari riferimenti anche in altri modelli (come quello francese, statunitense, inglese etc.) è che in tutti i Paesi in cui la pratica sportiva è ampiamente diffusa, il sistema nazionale di istruzione di riferimento e la famiglia hanno un ruolo determinante nell’aumento della pratica sportiva continuativa.
Se fosse un’equazione potremmo definire che all’aumentare della consapevolezza sui benefici dell’attività sportiva da parte di scuola e famiglia, corrisponde un aumento della pratica e una minore dispersione in età avanzata.
La famiglia ha un ruolo primario nei processi di educazione anche allo sport e nelle dinamiche di conservazione del comportamento ludico tipico dell’infanzia, passando il testimone alla scuola… ma non in Italia. Sì, perché dati recenti confermano che il nostro Paese è fanalino di coda con 480 ore l’anno di educazione motoria nei vari gradi scolastici. Paesi come la Francia di ore ne contano oltre 2mila. Il Belgio più di mille, come Germania, Finlandia, Grecia, Inghilterra, Olanda, Norvegia, Svezia, Svizzera e via elencando. Alla portata, solo la Turchia con 640 ore. Dati sconfortanti anche per quanto attiene gli impianti sportivi annessi ai plessi scolastici. L’implementazione di quelle strutture consentirebbe di poter raggiungere un duplice obiettivo: favorire lo sport e le attività motorie nelle scuole e mettere a disposizione dell’intera comunità territoriale tali risorse. Ebbene, in Italia stando ai dati relativi al 2018 rilasciati dal ministero dell’Istruzione, sono oltre 40mila gli edifici statali. Di questi, solo 16mila, ovvero 4 su 10, sono dotati di un impianto, come una palestra o una piscina.
Alla luce di quanto espresso, quindi, questi sono i pilastri fondamentali su cui si regge la nuova proposta “tutti per lo sport e per la cultura”:
L’analisi della funzione della scuola e della famiglia nel rapporto con il mondo dello sport, lavorare per realizzare una relazione solida tra questi sistemi trasformando il percorso curricolare scolastico e l’attività
sportiva in una unica “Comunità Educante” che, con il contributo delle famiglie, accompagni i giovani non solo verso l’acquisizione di competenza ma anche verso crescita umana e valoriale;
L’inclusione a pieno titolo dell’attività motoria nell’ambito dell’attività sportiva, in modo da ricomprendere ogni tipo di attività fisica, da quella organizzata alle alte prestazioni sportive passando per l’attività informale e non strutturata;
L’abbattimento delle barriere di ingresso allo sport, alle arti e alla cultura (logistiche, economiche, architettoniche, culturali) allo scopo di moltiplicare in maniera funzionale la diffusione di impianti sportivi e culturali, di rendere più sostenibili e accessibili quelli esistenti, di permettere alle famiglie con reddito basso di garantire l’attività di tempo libero ai figli, di aumentare la consapevolezza della comunità educante sui benefici derivati dalla pratica sportiva o culturale in termini di crescita personale e di incremento delle competenze non formali;
L’ampliamento del campo della responsabilità istituzionale (scuola, famiglia, istituzioni sportive, pubbliche amministrazioni, imprese, forze di opposizione) per la costruzione di un unico “gruppo di interesse” che abbia l’obiettivo condiviso dell’aumento della pratica sportiva e la riduzione dell’abbandono precoce;
L’investimento sulle risorse umane del mondo dello sport, attraverso il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze disponibili (gestori, tecnici, formatori, animatori sportivi, insegnanti, genitori, imprenditori) con l’obiettivo di tutelarne l’azione, di aumentarne la competenza e di mettere a sistema le migliori esperienze.
Valorizzazione del terzo settore nel mondo della cultura e dell’arte, mettendo a disposizione spazi pubblici dove poter insegnare ai giovani musica, teatro e ogni altro genere di arte.
- Istituzione, presso l’Autorità di governo in materia di sport, di un tavolo permanente sulla promozione sportiva;
- Riconoscimento della personalità giuridica di diritto per gli enti sportivi;
- Valorizzazione specifica dei ruoli differenziati delle federazioni, degli enti di promozione sportiva, delle discipline sportive associate, del Comitato Olimpico Nazionale, di Sport e Salute, delle Regioni e dei Comuni;
- Bando Sport e Periferie. Indirizzo politico su base logistica del bando sport e periferie al fine di costruire un’offerta diffusa territorialmente ed eterogenea;
- Incentivare la realizzazione di impiantistica sportiva. Estendere l’art. 71 c. 1 del Codice del Terzo Settore anche agli organismi sportivi (sede sociale e sede delle attività sportive compatibile con qualsiasi destinazione d’uso);
- Incentivare la pratica sportiva istituendo “bonus sportivi” per famiglie a basso reddito o con più figli, in sostituzione degli attuali sgravi fiscali. Tali bonus dovranno essere liberamente utilizzabili e facilmente incassabili dalle società sportive (anche in compensazione delle imposte e dei contributi dovuti);
- Inserimento dello sport nel welfare aziendale per il miglioramento psicofisico dei lavoratori e loro famiglie, per la pratica sportiva durante le “pause attive” o per il tempo libero, attraverso accordi strutturati con le aziende;
- Sport in Costituzione. Importante che il nuovo Governo riprenda immediatamente il percorso dello “sport in Costituzione” che vedrebbe la sua giusta collocazione non tanto nell’articolo 33 della Costituzione ma nell’articolo 32 a tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività;
- Ministero dello Sport. L’approvazione di un disegno di Legge di riforma costituzionale per l’ingresso dello sport in Costituzione dovrà rappresentare non un punto di arrivo ma di partenza. A cominciare dall’istituzione del Ministero dello Sport;
- Legge sugli stadi. Una nuova legge sulla costruzione di stadi e palazzetti dello sport si rende necessaria: di fatto, ad oggi, tale possibilità è codificata da uno scarno riferimento nella Finanziaria del 2014. Sul punto, una normativa specifica in Italia non è mai stata approvata e le norme attualmente vigenti affrontano il tema solo in maniera vaga.
- Calcio e vivai. Sempre per quanto riguarda il calcio, soprattutto a livello giovanile, si rende necessario un intervento normativo a tutela dei vivai;
- Riforma del lavoro sportivo. Bisogna intervenire con urgenza sui correttivi del D.Lgs 36/21 del 7 luglio 2022 prima dell’entrata in vigore sia per rendere l’introduzione del lavoro sportivo sostenibile per i gestori sia a titolo di riconoscimento dei diritti dovuti ai lavoratori;
- I grandi eventi sportivi. La rinuncia a concorrere per i Giochi Olimpici è stata una scelta gravissima. L’Italia deve continuare a ospitare grandi eventi, strumenti di trasformazioni territoriali, al fine di acquisire una maggiore competitività internazionale a livello di attrazione turistica. Nell’attuale contesto globale – dove le distanze tra le aree geografiche diminuiscono ed aumenta la mobilità degli individui, delle organizzazioni e delle risorse materiali e immateriali – le grandi città, le regioni, i sistemi-Paese sono chiamati a sviluppare sistemi di offerta attrattivi per determinati insiemi di domanda. Sempre nel rispetto dei territori.