A difesa della libertà e della dignità di ognuno
Assicurare l’effettività dei diritti civili e sociali, il rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione e della dignità delle persone è la precondizione per la realizzazione piena dei princìpi propri di ogni sistema democratico.
No all’introduzione di strumenti di controllo digitale di massa e di compressione delle libertà individuali o a meccanismi di scoring, come la “cittadinanza a punti” su modello cinese. Contrasto alla censura arbitraria dei social network e garanzia del rispetto della libera manifestazione del pensiero da parte delle grandi piattaforme di comunicazione. Garanzia di massima sicurezza nella protezione dei dati personali. Assicurare a tutti i cittadini pari opportunità di emergere e affermarsi in ambito sociale e lavorativo. Superamento del “tetto di cristallo”, barriera invisibile che ostacola l’affermazione delle donne nel mondo del lavoro. Contrasto al divario retributivo tra uomini e donne e alla pink tax, l’odiosa pratica di applicare prezzi più elevati ai prodotti destinati alle donne. Contrasto ad ogni forma di discriminazione, promozione e sostegno di percorsi di emancipazione dagli stereotipi culturali che vedono la donna in condizione di subalternità. Tutelare la vita umana fin dal suo inizio. Inasprimento delle pene per matrimoni forzati e mutilazioni genitali femminili. Contrasto a ogni discriminazione basata sulle scelte sessuali e sentimentali delle persone, mantenimento della legge sulle unioni civili, ribadendo al contempo il divieto di adozioni omogenitoriali e la lotta ad ogni forma di maternità surrogata, nell’interesse supremo del minore. Aggiornamento della normativa in materia di violenza domestica e violenza di genere (Codice Rosso): applicazione autonoma del braccialetto elettronico, indipendentemente da eventuali misure cautelari personali, consentendo sempre alla vittima di dotarsi di un dispositivo di allerta e richiesta d’aiuto in caso di violazione della distanza da parte dello stalker. Rafforzamento delle misure di contrasto a pedofilia e pedopornografia online.
FOCUS
In un mondo pervaso dalle tecnologie, in cui tutto ruota intorno a una profilazione sempre più individualizzata e penetrante e a una raccolta onnivora di dati, il diritto alla riservatezza è sempre più legato alla dignità del singolo, come sintesi delle libertà che appartengono a ciascuno: libertà di scelta, di non essere omologati né controllati, di espressione spontanea della creatività. La perenne connessione a internet e la disponibilità, spesso inconsapevole, a consegnare informazioni personali in cambio di vantaggi o comodità permettono ai colossi del web che le ricevono di fare una radiografia approfondita di interessi, opinioni, consumi, spostamenti.
In questo contesto la protezione dei dati personali, cioè il diritto di un soggetto di controllare l’insieme delle informazioni che lo riguardano, si pone come garanzia per evitare il pericolo che le tecnologie possano aprire la strada ad un uso dei dati personali privo di scrupoli. La cosiddetta autodeterminazione informativa diventa un presupposto inevitabile di altri diritti e libertà fondamentali per dare impulso ad un nuovo umanesimo digitale, che deve fondarsi su quattro punti imprescindibili:
- Il divieto di introduzione di ogni mezzo di controllo digitale e di compressione delle libertà individuali, sia in ambito sanitario che fiscale: piattaforme e sistemi digitali (come ad esempio il green pass e il cash back) possono presentare elevati rischi per i diritti e le libertà degli interessati in ragione della raccolta massiva e generalizzata di informazioni dettagliate, potenzialmente riferibili ad ogni aspetto della vita quotidiana. Nella società digitale noi siamo i nostri dati e la vulnerabilità dei nostri dati va di pari passo con la vulnerabilità della nostra persona. Per questo, è necessario promuovere costantemente quella sinergia tra innovazione e libertà in grado, attraverso efficaci forme di tutela, di mettere sempre il cittadino al centro
- Il divieto di introdurre meccanismi di scoring: molte amministrazioni pubbliche (in primis lo stesso governo, con la lotteria degli scontrini) hanno promosso, di fatto, la cosiddetta “cittadinanza a punti”. Si tratta di iniziative fondate su soluzioni di tipo premiale, caratterizzate da meccanismi di scoring collegati a comportamenti “virtuosi” del cittadino in diversi settori, sulle quali, non a caso, ha posato il suo occhio vigile il Garante per la Privacy. Il rischio concreto è che dai meccanismi subdoli di monitoraggio e profilazione possano derivare conseguenze giuridiche negative sui diritti e le libertà dei cittadini
- Il contrasto della censura arbitraria dei social network e la garanzia da parte delle grandi piattaforme di comunicazione del rispetto del principio di libera manifestazione del pensiero: è necessario porre un freno alle disfunzioni che riguardano i social network. I gestori delle piattaforme si atteggiano a padroni dei contenuti e spesso li veicolano con il fine evidente di orientare il messaggio socio-politico, rendendo più accessibili alcune informazioni a scapito di altre, ritenute meno meritevoli di diffusione. Nelle democrazie occidentali la libera manifestazione del pensiero, sancita dall’articolo 21 della Costituzione e dall’art.10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, costituisce l’architrave di ogni libertà. È necessario, pertanto, porre un argine invalicabile alle dinamiche censorie di cui si stanno rendendo protagoniste le oligarchie delle piattaforme digitali, proponendo un modello in cui venga ribadita la superiorità del sistema democratico, del diritto interno, dei princìpi di libertà di espressione, di parità di trattamento e di non discriminazione
- Garantire la massima sicurezza nella protezione dei dati personali, limitando il più possibile il passaggio dei dati raccolti dalle pubbliche amministrazioni: crediamo che sia necessario armonizzare la trasparenza dell’azione amministrativa con la privacy dei cittadini, entrambi beni preziosi per un corretto svolgimento della vita democratica. Il rigoroso rispetto dei principi alla base delle norme sulla privacy impedisce che un’idea distorta di trasparenza venga usata in modo strumentale al fine di legittimare forme di discriminazione che deriverebbero dalla pubblicazione da parte di un ente pubblico, ad esempio, di dati personali particolarmente delicati. Va garantito, infatti, che la transizione digitale della pubblica amministrazione non comprometta la riservatezza, l’integrità o la disponibilità di dati personali, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea e di quanto reso noto al cittadino. La sinergia tra l’efficienza dell’azione amministrativa e la protezione dei dati personali è sempre più indispensabile a fronte della progressiva informatizzazione delle amministrazioni e della moltiplicazione delle banche dati, avvenuta spesso con processi frammentati, che hanno portato alla creazione di sistemi autoreferenziali caratterizzati dalla presenza di dati replicati, non congruenti e in formati incompatibili. Sulla pubblica amministrazione, inoltre, grava una preoccupante lacuna: il 95% delle infrastrutture dati è priva dei requisiti minimi di sicurezza e affidabilità necessari. La mancata implementazione dei sistemi di cybersicurezza aumenta di fatto la vulnerabilità dei dati sensibili dei cittadini (non soltanto quelli anagrafici, ma anche quelli sanitari o fiscali). Per ovviare al problema e tutelare gli interessi nazionali in questo ambito, nel 2021 è stata istituita l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN). È necessario potenziarla con risorse economiche significative e personale altamente qualificato, affinché possa diventare un baluardo della sicurezza cibernetica, essenziale allo sviluppo digitale della Nazione, attraverso la prevenzione e il contrasto ai cyberattacchi e diminuendo la dipendenza nazionale da tecnologie extra Ue, con la promozione di una diffusa cultura della sicurezza cibernetica.
In Italia troppo spesso si verificano episodi di discriminazione ripugnanti che non possono essere assolutamente tollerati. La discriminazione per motivi razziali, religiosi o che riguardano la sfera sessuale è un virus odioso, spesso non troppo visibile, che affonda le sue radici instereotipi e pregiudizi.
È fondamentale, innanzitutto, prevenire qualunque germe di razzismo, antisemitismo e intolleranza, a partire dai banchi di scuola. La conoscenza, l’informazione e l’educazione ricoprono un ruolo imprescindibile nel promuovere una società giusta e solidale, che metta al bando qualsiasi tipo di prevaricazione radicata nella negazione delle differenze. L’attenzione non va mai abbassata e agli studenti deve essere veicolato un messaggio chiaro: non si può per nessuna ragione essere indifferenti davanti a qualunque tipo di discriminazione.
Particolarmente odiose sono le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, che spesso colpiscono ragazzi che si ritrovano a essere rifiutati delle famiglie e a dover affrontare molestie on-line e off-line. I giovani vanno accettati e valorizzati per quello che sono.
Un discorso specifico va fatto sulla necessità di contrastare senza equivoci l’antisemitismo: una piaga ancora presente nella nostra società che spesso viene alla luce sotto forma di ingiurie sui social network ai danni di esponenti della comunità ebraica o, in modo più subdolo, di pretestuosi attacchi allo Stato di Israele, fondati su campagne di disinformazione.
Per ricucire le fratture sociali causate dalle discriminazioni è necessario difendere le nostre radici culturali, solo così sarà possibile costruire relazioni basate sull’uguaglianza e sul rispetto. La storia della nostra Nazione ci ha trasmesso un messaggio fondamentale: una società forte della propria identità e rispettosa della dignità di ogni essere umano respinge per sua natura l’intolleranza e il razzismo. Difendere questa eredità è una questione di civiltà e significa continuare a dare impulso a una irrinunciabile cultura della memoria e della consapevolezza identitaria quale antidoto ai sentimenti di intolleranza e guida per l’azione del legislatore a favore di una indispensabile opera di prevenzione, contrasto e repressione di ogni forma di discriminazione.
Non può esserci un vero rilancio dello sviluppo economico e sociale se questo non si regge anche sulla partecipazione femminile. Una società capace di guardare con fiducia al futuro ha il compito di sostenere il ruolo della donna come cittadina, madre, lavoratrice e protagonista della vita politica e istituzionale della Repubblica.
Nel corso degli ultimi anni sono stati fatti significativi passi avanti per sostenere il principio della parità di genere. Tuttavia è necessario, oggi più che mai, impegnarsi attraverso un’azione legislativa ancora più efficace, per ricomporre le sgradevoli fratture legate al genere che si sono allargate sempre di più per effetto della crisi economica e sanitaria. Le misure da mettere in campo a tale scopo sono diverse, ne vogliamo segnalare almeno due particolarmente importanti.
Non è più ammissibile una differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne, che travalica i diversi settori dell’economia. Stessa professione, stesse responsabilità, stessi orari ma stipendi diversi: una stortura le cui cause vanno ricercate in questioni di carattere organizzativo, legate alla conciliazione del lavoro con la vita familiare, ma anche in un’impostazione culturale radicata e difficile da cambiare. Considerando l’elevatissimo numero di aziende che in Italia impiegano tra i dieci e i cinquanta dipendenti, è necessario procedere a una modifica dell’articolo 46 del Codice delle pari opportunità (decreto legislativo 198/2006), rendendo obbligatoria per le imprese pubbliche e private che danno lavoro a più di dieci persone (attualmente l’obbligo è solo per le aziende con oltre cinquanta dipendenti) la redazione di un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile in relazione allo stato della retribuzione effettivamente corrisposta.
Basta fare un giro in un qualunque supermercato per accorgersi di un fenomeno tanto subdolo quanto discriminatorio nei confronti delle donne, vale a dire la maggiorazione di prezzo, nota con il nome di pink tax, sui prodotti destinati alla clientela femminile, per lo più riguardanti la cura della persona e il benessere (ad esempio deodoranti, bagnoschiuma, shampoo, rasoi). Sono prodotti che hanno simili caratteristiche per entrambi i sessi, ma un prezzo più alto se destinati alle donne. Le principali problematicità della pink tax derivano dall’assenza di sostanziali differenze nelle caratteristiche dei prodotti e dei servizi offerti che possano giustificare le discrepanze di prezzo applicate. A determinare il costo maggiore, insomma, è soltanto il genere del consumatore, che viene profilato attraverso distinzioni nel prodotto finale, come il colore, la fragranza, il packaging e lo stile del marketing. La pink tax finisce così per colpire tutte le donne in modo indiscriminato, indipendentemente dal loro stile di vita e dalle loro scelte di consumo, essendo presente sulla maggior parte dei prodotti di uso quotidiano, come se si trattasse di beni di lusso. Allo scopo di porre fine a questa odiosa e insensata pratica discriminatoria, è doveroso adottare una legge che sanzioni l’applicazione di prezzi sensibilmente diversi per generi e servizi simili sulla base del sesso del cliente.
Introdurremo il reato universale dell’utero in affitto per impedire che le donne vengano mercificate in Italia e all’estero, denunciando gli spot di ogni attività commerciale e fieristica sulla maternità surrogata. I bambini hanno diritto ad avere un padre e una madre. Per questo – dopo l’approvazione della legge n. 76/2016 (Legge Cirinnà), che ha regolamentato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto – è necessario delimitare l’ambito di operatività della Legge sulle adozioni (n. 184/1983), al fine di distinguere quel tipo di unione da quelle riconosciute dal nostro ordinamento come necessarie per procedere all’adozione di minori. Il diritto all’adozione deve essere riconosciuto soltanto alle coppie che hanno contratto matrimonio ai sensi della legislazione nazionale e, quindi, di sesso diverso.
Riteniamo che lo Stato debba tutelare il diritto alla vita di ogni persona e che il Servizio sanitario nazionale debba offrire ogni cura necessaria, investendo sulle cure palliative. È necessario proseguire nell’impegno parlamentare intrapreso in questa legislatura contro la proposta di legge “sul fine vita”, l’eutanasia e il suicidio medicalmente assistito. Bisogna intervenire con urgenza fissando un perimetro legislativo chiaro che rispetti il dettato costituzionale, il quale tutela il diritto di ogni individuo alla vita, come ribadito anche dall’ultima sentenza in merito della Corte Costituzionale. Condanniamo e contrasteremo la cosiddetta “cultura dello scarto”, una deriva ideologica che si sta affermando nel mondo occidentale, in cui paradossalmente l’unico diritto veramente tutelato diventa quello di morire, piuttosto che quello di vivere. Fratelli d’Italia è contraria ad un modello distorto di “società del benessere”, nella quale si considera la vita un valore solo quando si è sani e in grado di produrre.
Non permetteremo che possa mai essere approvata una legge iniqua come il ddl Zan . Ci batteremo contro la diffusione dell’ideologia gender nelle scuole, sostenendo la richiesta di consenso informato dei genitori per accedere a tutti i progetti educativi che riguardano temi sensibili, garantendo la presenza di contraddittorio nei dibattiti scolastici. Nelle scuole, negli uffici pubblici e nelle amministrazioni locali va impedito l’utilizzo di asterischi, neutri e schwa. Contrasteremo a livello europeo ed internazionale anche la possibilità che atleti transgender possano gareggiare nelle competizioni femminili.